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Change management: quando il “change” riguarda il “management”.

By 8 Aprile 2018 Maggio 2nd, 2018 No Comments

Change management: quando il “change” riguarda il “management”.4027864_lSolo i più saggi o i più stupidi degli uomini non cambiano mai (Confucio).

Ad alcuni si applica la frase di Confucio: o sono saggi o sono stupidi.

Non ho mai incontrato nessun imprenditore o nessun manager che, a parole, non sia d’accordo sulla necessità del “cambiamento” … purché a cambiare naturalmente siano gli altri (sig!).
O sono saggi, o sono stupidi, secondo Confucio, naturalmente.

Ci sono cambiamenti positivi e negativi, altri che funzionano e altri che ritornano alle condizioni iniziali e altri che in verità non sono mai partiti.
E si che con tutto il parlare che si fa di “change management”, di “change agent”, di cambiamento e via blaterando, dovremmo essere pieni di esperti che sanno guidare il cambiamento e pieni di organizzazioni che hanno vissuto trasformazioni miracolose.
Tutte frottole.

Ho scritto alcune cose sul tema per chi fosse interessato ad approfondire:
Le frottole del change management;
Da oggi cambio vita;
Too little – too late syndrome.

Mentre scrivo non posso non pensare a tutte quelle persone che alla dichiarazione “vogliamo cambiare”, ci hanno creduto e si sono impegnati, per poi scoprire, con profonda delusione, che in realtà era una pietosa bugia.
Perché alcuni “cambiamenti” si inceppano?

Opportunismo.
Alcuni “leader” sono emuli di Napoleone: se vuoi avere successo a questo mondo, prometti tutto e non mantenere nulla.
Una promessa, una falsa speranza, non si nega a nessuno, crea che quel minimo di movimento che facilita il risultato a breve termine e il piccolo cabotaggio.
Come ha detto l’attore Bradley Whitford: devi essere abbastanza reale da essere credibile, ma non così tanto reale da esserlo davvero.
Quella apparente spinta al cambiamento è in realtà un più banale opportunismo ben mascherato.
C’è però un piccolo problema: prima o poi tutte le bugie vengono a galla e così si distrugge credibilità e si perde la fiducia delle persone che rassegnate, attenderanno con preoccupazione la prossima “dichiarazione d’intenti”.
Il leader è effettivamente riuscito a creare una cosa nuova: il cinismo e cioè un atteggiamento di ostentata indifferenza e disprezzo e questo nonostante parli di motivazione, coinvolgimento, valori aziendali e altre ovvietà che non convincono più nessuno.
In sintesi, il management non ci crede davvero e fa finta di impegnarsi.

Resistenza della struttura (o degli altri manager).
Il leader crede veramente nel cambiamento ma la struttura (o gli altri manager) resiste con forza.
Ne parlava già, qualche centinaio d’anni fa, il buon Machiavelli:
E debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi a capo ad introdurre nuovi ordini.
Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi difensori tutti quelli che degli ordini nuovi farebbono bene.
(Il principe – Niccolò Machiavelli)

Processo difettoso.
Il processo, cioè le attività che dovrebbero produrre il cambiamento sono difettose, mal impostate e non creano un percorso che vada davvero a modificare lo status quo che alla fine prende il sopravvento.
L’errore in questo caso è tecnico, cioè di implementazione e reversibile se modificato in tempo.

Too little, too late syndrome.
Too late: il cambiamento, a lungo procrastinato, viene iniziato troppo tardi e la situazione non appare più recuperabile.
Too little: a volte progetti ambiziosi o cambiamenti importanti nella strategia non ricevono il necessario supporto, personale e organizzativo.
E’ il “troppo poco”.
(Too little – too late syndrome, post del 18/9/16)
 
Il leader “teenager”
L’innamoramento non si trasforma mai in amore…
L’iniziale entusiasmo per il possibile cambiamento svanisce alla consapevolezza delle difficoltà da affrontare e dei cambiamenti da apportare (soprattutto se il cambiamento riguarda proprio il leader).
Finita l’infatuazione tutto ritorna come prima.

Il leader bivalente.
O il capo è troppo saggio o è troppo stupido.
In entrambi in casi è proprio lui il primo a non provare la spinta a cambiare.
Situazione che, purtroppo, non ha soluzione.

Analisi errata
Il cambiamento ricercato non risolve i veri problemi, cioè affronta o il problema sbagliato o quello che non è prioritario per la sopravvivenza o il successo dell’azienda.

La “fatale attrazione”
Nella ricerca di un approccio a un’esigenza di cambiamento percepita dal management si ricorre a uno dei seguenti approcci:
ultima moda del momento;
pseudo-guru o guru popolari;
ultima tecnica pubblicizzata in convegni, libri, sentita da colleghi, ecc.
Tra le ultime nate c’è l’attuale “attrazione fatale” per Industry 4.0.
Questa sindrome è la “femme fatale” del business e quella su cui vivono tanti consulenti, professori aspiranti consulenti, guru e che genera un business di proporzioni colossali.

Psicologismi
Lo “psicologismo” (termine filosofico di senso piuttosto lato, designante in generale le concezioni a cui s’imputa un’esclusiva o eccessiva valutazione del momento psicologico nella costruzione del sistema scientifico. Treccani) con la sua ultima variante, molto di moda al momento, del “coaching” la cui separazione dalla manipolazione è molto sottile, traduce tutto in cattiva psicologia ignorando completamente attività concrete e strutturate che producano cambiamenti nel modo con cui si fanno le cose all’interno dell’organizzazione (cultura aziendale).
Senza negare la dovuta attenzione alle competenze legate all’intelligenza emotiva e a una sensibilità comportamentale, che sono auspicabili e necessarie, non sapere come intervenire con efficacia sui processi e sugli aspetti operativi non può essere sostituito solo da “psicologismi”, cioè “all’essere” si deve accompagnare anche il “fare”.

Insomma, senza la pretesa di essere esaustivi, cioè di aver toccato tutte le ragioni che rendono molti processi di cambiamento problematici, quelli evidenziati sopra sembrano essere abbastanza diffusi.
Non cadere nelle trappole di una finta trasformazione è innanzitutto la prima cosa da evitare per iniziare un cambiamento di successo, cioè che non nasca già fallito in partenza.

Nulla può compensare una seria e convinta necessità che il management abbia del suo ruolo, non delegabile, in un processo di cambiamento che voglia davvero essere efficace.
Il leader, sia esso imprenditore o manager, dovrebbe essere esempio e manifestazione concreta del cambiamento di cui si fa promotore, egli solo ha il potere e l’autorità indispensabili per iniziare il processo.

Il cambiamento, sempre e prima di tutto, riguarda proprio il leader o i leader.
Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo, diceva il Mahatma Gandhi ed egli, infatti, con la sua vita, il suo comportamento, il suo esempio era testimonianza vivente di quanto andava proponendo. Gandhi era, in sostanza, una persona dotata di integrità, faceva ciò che diceva.

Un cambiamento efficace parte dal centro, senza questa necessaria convinzione e visione tutto il resto è chiacchiera senza sostanza.

Il “change management” parte proprio da un “change” nel “management”.

La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore.
Chi guarda fuori, sogna.
Chi guarda dentro, si sveglia.
Carl Gustav Jung

Buon risveglio, allora!

Design a better world
Buona settimana
Massimo

 

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