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Design a better story.

By 13 Gennaio 2019 Luglio 8th, 2019 No Comments

Questa settimana, con grande piacere, ospitiamo un post di Silvia, attrice e autrice che abbiamo il piacere e onore di avere nel nostro team.
La sua è una riflessione sul potere delle storie e delle … emozioni!

Spero che le sue parole facciamo riflettere voi come hanno fatto riflettere me: per disegnare un mondo migliore abbiamo bisogno di nuove storie … migliori!
Storie che siano belle, “vere”, avvincenti, originali e che sappiano ispirare.
Buona lettura allora!

Design a better World – Design a better story.
Buona settimana
Massimo 

IT’S IN YOUR HANDS
Ovvero: di come la Comunicazione passi attraverso le Emozioni di una Storia
di Silvia Elena Montagnini

It’s in your hands!
Di solito quando si sente questa frase – sicuramente retorica il giusto, ma con un potente significato – a cosa si pensa? Cosa ci comunica?
Al padre che parla al figlio del proprio futuro… per esempio. 
Una verità “regalata” da chi è più saggio a chi ancora deve affrontare gli anni della crescita, una frase che parla del tempo che sarà, e che comunica un grande senso di responsabilità. 
Una frase antica, arcaica addirittura, pronipote della famosa locuzione latina homo faber fortunae suae, espressa anche nella forma alternativa homo faber ipsius fortunae, che significa letteralmente «l’uomo è l’artefice della propria sorte».

Questa frase, usata in tempi moderni e associata ad uno smartphone assume una potenza e un significato che probabilmente è il più incredibile mai assunto. 

Ma procediamo con ordine. 
La famosa casa di produzione di smartphone Huawey ha realizzato uno spot realizzato da Jung von Matt/Next Alster raccontando in un minuto e quaranta secondi una storia potentissima.
Vi evito il riassunto, e vi consiglio – se ancora non l’aveste fatto – di andare a vederlo. Basta digitare il nome del famoso marchio e la frase di cui sopra su un qualsiasi motore di ricerca ed è fatta. 

Ora facciamoci qualche domanda: quante volte appare il marchio? 
Cosa sta vendendo Huaway? Come lo fa?
Il marchio appare solo alla fine, ok.
Huaway fa pubblicità ad un telefono suggerendo un comportamento etico. 
Vende Etica. 
Non male per un telefono. 

Protagonista un ragazzino – solitamente il pubblico più “dipendente” dal mezzo, che sceglie di NON usare i social (!) per mostrare la sua incredibile scoperta al mondo pur di lasciare la libertà alla bestiola. 
Riescono a mettere in una storia di poco più di un minuto e mezzo, il bullismo cibernetico (causa di parecchi suicidi di minorenni soprattutto negli Stati Uniti) attraverso una metafora: non viene coinvolto un altro adolescente, ma una bestia innocente e indifesa. 
Altro messaggio: usate con la testa i social perché hanno un effetto domino esponenziale. Con un mezzo potente come internet a cui siamo sempre connessi possiamo fare qualsiasi cosa, quindi pensate prima di agire. Suggerisce quindi un uso non compulsivo, e anche – oserei dire – esente dall’ego che si vuole mostrare a tutti i costi (leggi: ho scoperto/fatto/visto una cosa incredibile, chissà quanti “like” potrei avere, la fama che potrei raggiungere esponendolo al pubblico). Suggerisce di pensare alle conseguenze. 

Come lo fa? Raccontando in realtà due storie. 
Una è la storia della realtà: un ragazzino attraversa il bosco, vede uno strano animale, lo fotografa, sceglie di non pubblicarlo e cancella la foto (nota bene: non la tiene neanche nello smartphone!). L’altra storia parallela è quella centrale, della sua immaginazione che visualizza le conseguenze della sua azione. 
Incredibili il montaggio e l’uso delle immagini. 
La prima storia ha movimenti lenti, i suoni sono quelli del bosco, le immagini durano più a lungo. Ci suggerisce calma, poesia quasi. La seconda storia è montata con un ritmo frenetico, le immagini sono fastidiose, becere, caciarone e urtanti. 

Questa un’analisi breve e tecnica di cosa succede. 
Ma cosa fa? 
Parla alla nostra parte emotiva e ci fa “sentire” più che ragionare. Non ci parla della fotocamera, dei gigadi memoria del telefono; non ci dice esplicitamente: ragazzi state attenti a come usate i telefoni perché le vostre azioni bla bla bla… (ci siamo addormentati prima della fine della frase – noi, perché gli adolescenti nel frattempo si sono fatti sei selfie e li hanno pubblicati in social di cui non conosciamo neanche l’esistenza). 
Comunica con la metafora della storia. Che cosa incredibile! 
Eppure, non dovrebbe risultarci nuova… le Storie hanno sempre fatto così: le più famose sono le Parabole di Gesù, giusto per dirne una, o le favole di Esopo e Fedro. Questi i cosiddetti “classici”, chiamati così perché ci parlano sempre, superano il tempo, ci parlano di noi, di come siamo fatti, di quali sono i nostri punti deboli e di forza. E qui – nel nostro bosco con il nostro Gnu Gnu – ci siamo vicini… Perché parla anche a noi, non solo agli adolescenti. 
Quindi questo post è una lode alla capacità comunicativa della Huaway? No. 
La Apple aveva fatto una cosa simile nello spot di Natale dell’iPhone del 2013. 
Questo dello Gnu Gnu è l’esempio più vicino ed efficace per fare due riflessioni sul Potere delle Storie. E conseguentemente sul potere di comunicazione infinito che c’è nel raccontare in modo efficace le Storie.

Le storie cambiano il mondo, non le spiegazioni. 
Non i piani di azione. 
Non i programmi. 
Prima di questo ci deve essere una storia, un’emozione; ma attenzione da sole non bastano.
Nessuno ci seguirà o ci ascolterà o avrà fiducia in noi se non abbiamo una storia da raccontare. 
Nota bene: una storia non è un aneddoto, non è una bugia, non è qualcosa che costruisco solo con il ragionamento. 
La Storia che raccontiamo deve essere sincera, vera. Noi siamo figli della nostra storia, ciò che facciamo è legato ad una storia, ciò che comunichiamo è legato ad una storia, e se non è vera la parte animale di chi ci ascolta (leggi anche: i neuroni specchio) lo capisce, lo sente. 

Io sono nata a Ivrea, e sono figlia della Olivetti. Quella storia lì noi ce l’abbiamo nel DNA anche se Adriano è morto che i miei genitori non si conoscevano neanche. 
La potenza dell’Etica, dell’Epica – qui ci siamo vicini – della Creatività legata al Pragmatismo, del Senso di Responsabilità, dell’Esempio… passano nel sangue attraverso una Storia, quella di una fabbrica che non era solo una fabbrica. Questa storia viene raccontata dei genitori che ci lavoravano, dagli occhi commossi, nei nostri ricordi della colonia estiva, il dentista, etc. etc. Faccio questo esempio perché non parliamo di Gandhi, ma di due imprenditori (Camillo e Adriano), che hanno trascinato nel benessere (inteso anche come ben-essere, vivere bene) migliaia di persone. 

Le Storie potenti trasmettono anche un senso di appartenenza, la fierezza di sentirsi parte di qualcosa di più grande di noi, che ci fa sentire anche migliori, che ci fa dire: posso anche io fare così, perché così funziona.
Tutto ciò che riguarda la pianificazione, le azioni da intraprendere, le strategie, i prodotti… viene tutto dopo. 

Possiamo crederci o fare finta che ci siano cose più importanti per incoraggiare qualcuno, per ispirare, ma se ripensiamo a quando eravamo piccoli, alle storie dei nonni, dei genitori, i primi libri di avventure, i cartoni animati (ebbene sì… anche quelli), i fumetti, i film… non c’è molto altro da aggiungere. 

Ultimo pensiero: gli Eroi delle storie non sono perfetti, la perfezione è morta quando è nato Amleto. 
Gli Eroi sono imperfetti ma coraggiosi

Che storia vogliamo raccontare in questo 2019? 

Buon anno a tutti!
Silvia

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