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La creativita’ e la fatica di lavorare sui puntini.

By 13 Novembre 2016 Marzo 29th, 2018 No Comments

La creatività e la fatica di lavorare sui puntini.blog-4016 Questa settimana abbiamo il piacere di ospitare nel nostro blog, Silvia Montagnini, attrice e autrice, con la quale abbiamo il piacere di collaborare da qualche tempo.

Chi ha assistito a una delle sue performance ne apprezza la “straordinaria capacità evocativa e il forte impatto emotivo”.
Ho chiesto a Silvia di scrivere qualcosa sulla creatività e quello che ne è uscito è il pezzo che riporto integralmente più sotto.
Grazie Silvia per il tuo contributo.
A voi, amici/lettori, buona lettura. 

Che cos’è la creatività?
di S. Montagnini

“La creatività è l’intelligenza che si diverte”.
Albert Einstein

Cos’è la creatività?
E’ genio innato o artigianato?
Senza pratica, difficilmente Michelangelo avrebbe potuto dipingere la Cappella Sistina, senza pratica non esisterebbe La tempesta di Beethoven, senza pratica non ci sarebbero stati gli artisti che conosciamo. Senza pratica i fratelli Wright non avrebbero inventato il primo aeroplano né… potremmo fare altri mille esempi, ma il concetto è questo. Come diceva Edison: “Il genio è un percento ispirazione e novantanove percento traspirazione”. La risposta è chiara. La creatività si costruisce, si allena, si affina.

Io scrivo e recito monologhi. Racconto storie. Ho imparato quanto il nostro lavoro sia per piccoli istanti arte e per la maggior parte dei casi artigianato.
L’arte sono quegli istanti che possiamo definire perfetti in cui l’empatia tra chi fa e chi ascolta è totale. In cui il risultato di un buon lavoro trascende dalla forma e diventa pura comunicazione empatica, quasi – permettiamoci questo termine – energetica. Un momento di condivisione profonda e totale adesione di chiunque sia presente in quel momento a quel momento: che si sia sul palco o fuori dal palco. Durante gli spettacoli può succedere, ma non è detto.
Tutto il resto è costruire, affinare i mezzi, sbagliare, correggere. Bisogna rassegnarsi (o meglio… arrendersi) alla non perfezione e all’avvicinarsi sempre di più ma non arrivare mai.

I miei ultimi spettacoli sono stati monologhi che ho scritto e raccontato su storie che conoscevo in modo superficiale o – in alcuni casi – che non conoscevo affatto. La costruzione di uno spettacolo è quasi come la costruzione di un amore, per usare le parole di Fossati.
C’è chi scrive e c’è la storia che si deve raccontare. Ci sono due caratteri che non si conoscono e che per qualche motivo si devono avvicinare. Può essere che ci si innamori subito può darsi che non succeda. Ci si avvicina e ci si studia. Bisogna avvicinarsi alla storia senza pregiudizi, trovare i punti in comune tra noi e lei. Non si può raccontare una storia che non ci appartiene in qualche modo. Bisogna trovare prima di tutto cosa ci racconta, perché è l’unico modo per raccontarla agli altri.  

Bisogna avvicinarsi con rispetto.

Quella storia si deve in qualche modo fidare di noi. Deve diventare materia maneggiabile. Plasmabile. Si raccolgono i dati. I dati che scegliamo noi, ovviamente. Anche gli altri, per sicurezza… tutto. Si distribuiscono nel quadro, sparsi, come i puntini del gioco della Settimana Enigmistica. Si accumulano, si guardano da vicino, da lontano, si pensa ad altro, si scrutano di sbieco mentre si fa colazione.

Poi si inizia a costruire.
L’inizio è importantissimo.
Ma l’inizio non corrisponde per forza all’incipit. L’inizio è incominciare a fare. E quando non viene è una fatica. Come quando si conosce qualcuno e non ci si trova subito. A volte s’inizia dalla fine, a volte da una suggestione di un’immagine all’interno della storia, a volte da una musica che ci viene in mente che potrebbe essere perfetta per quel momento. A volte uno spettacolo, o un film, o un libro letto, o visto anni prima, ci vengono in mente e contaminano ciò che si sta facendo. È l’insieme dell’arte, delle notizie e delle capacità accumulate fino a quel momento. Questi sono gli strumenti. Certo poi la personalità. Quella è l’interpretazione della musica. Ma le note esistono già. Basta capire e intuire come fare a unirle per comporre la musica.

I puntini iniziano a unirsi. La forma si delinea. Ma come sempre accade la forma è grezza. A volte non regge. A volte crolla. Spesso.
Si torna al quadro e si rimescolano i puntini. Qualcosa del quadro precedente magari si salva.
Si ricomincia finché la forma tiene. Ma la forma non basta. Deve tenere il ritmo. La scelta del linguaggio. La struttura del testo. Il “gusto” che si è scelto di dare. Se qualcosa non quadra a volte si deve rinunciare a ciò a cui ci si è affezionati. Salutare un pezzo di quell’amore.
Poi si arriva sul palco e non c’è più tempo per affinare il lavoro. Sembra sempre incompleto. Mai perfetto. Il momento del parto. Il frutto di quell’incontro.

A questo punto ci si dimentica di noi e ci si mette al servizio di tutto il lavoro fatto. Ci si deve sempre accontentare ma mai accontentare. E quindi l’elaborazione è continua, giorno per giorno. Rivedendo. Controllando. Cercando di migliorare. Correggendo la rotta. Togliendo i puntini di troppo e aggiungendone nuovi che prima non si sono tenuti in considerazione. La materia è viva. Passando attraverso la voce e il corpo dell’attore può sempre cambiare. Cresce, migliora. A volte peggiora, a volte non ci si riconosce, a volte ci si appoggia l’un l’altro. Come con un figlio.
A volte si lascia andare e ci si dedica al prossimo incontro.
 
La creatività riguarda il cuore, l’intuizione, la passione, il cervello, la caparbietà, la visione, ma senza la “traspirazione” succede ben poco.

Silvia Elena Montagnini

Genio innato o artigianato?
Se tutto è deciso dal DNA possiamo sentirci liberi da ogni impegno o da ogni sforzo.
E’ in qualche modo comodo, ritenere che la creatività sia una proprietà di persone definite “creative”. Come se ci fosse un qualche cromosoma speciale di cui si è o meno dotati, come gli occhi blu o certi tratti del volto.
In realtà la creatività non funziona così e abbiamo molte idee inesatte e imprecise su cosa essa realmente sia.

In che cosa, dunque, si distingue l’innovatore dall’esperto?
Secondo me la differenza non è essenzialmente cognitiva; non, almeno, nel senso usuale del termine. A una verifica delle competenze disciplinari, entrambe le categorie di individui dovrebbero rispondere con analoghe prestazioni. (Nella sua epoca, pochi credevano che Mozart fosse un compositore più dotato di Karl Ditters von Dittersdorf, o del più famigerato – ma meno eufonico – Antonio Salieri). E’ curioso il fatto che i bambini prodigio di rado si rivelino innovatori nel loro campo di attività. Sin dalla tenera età i bambini prodigio vengono premiati perché fanno esattamente ciò che fanno gli adulti nella stessa sfera di competenza; avventurarsi su sentieri inesplorati richiede quindi una rimodellazione dell’io: in drastico mutamento di obiettivi, orientamento e motivazione.
(Howard Gardner – Cinque chiavi per il futuro)

Una scorsa al dizionario rivela qualche veloce definizione di creatività: capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia. In psicologia, il termine è stato assunto a indicare un processo di dinamica intellettuale che ha come fattori caratterizzanti: particolare sensibilità ai problemi, capacità di produrre idee, originalità nell’ideare, capacità di sintesi e di analisi, capacità di definire e strutturare in modo nuovo le proprie esperienze e conoscenze (Treccani).
La creatività è dunque un processo alla fine del quale si ottiene qualcosa di originale, di nuovo, una combinazione di elementi mai vista prima.
Se mancasse l’originalità e la novità non si potrebbe parlare di creatività.
In ambito artistico il risultato può essere un quadro, una poesia, una musica, un pezzo di teatro, un libro.
Quando il processo creativo si applica al business, si parla di innovazione, cioè far nuovo.

La creatività si costruisce, si allena, si affina.

Già, la creatività si può imparare e si può migliorare.

Non è un fattore genetico.
Questo punto è rilevante per le organizzazioni che vogliono creare innovazione.
Diventa cioè importante capire quali competenze bisogna sviluppare e quale tipo di ambiente è necessario creare per stimolare la produzione di idee.
Non è un caso, quindi, che proprio la creatività, sia una delle dieci competenze identificate dal World Economic Forum, come fondamentali per il prossimo futuro (Nessun problema può essere risolto congelandolo – post del 3 luglio 2016).
Lo sviluppo di competenze, proprio nell’ambito della creatività e dell’innovazione, è l’area nella quale la collaborazione tra noi e Silvia sta producendo delle cose nuove molto interessanti e originali. E altre sono in preparazione.

Costruire, affinare, sbagliare, correggere.
La creatività, il processo, richiede il fare, la pratica.
Senza di essa non potrebbe esserci “creazione” che è un costruire, produrre un oggetto o un’idea che si perfeziona e cambia nel momento in cui è elaborata, definita, etc.

C’è una creatività con la “c” minuscola, che sperimentiamo nella vita di ogni giorno, quando dobbiamo risolvere i tanti piccoli problemi quotidiani con un po’ di fantasia e di originalità e una creatività con la “C” (maiuscola) quando si deve produrre una nuova idea, o un nuovo prodotto, o una nuova strategia.
Le aziende che oggi hanno più successo sono proprio quelle dove la creatività produce le maggiori innovazioni o quei personaggi di cui leggiamo spesso nei giornali che riescono a creare interi nuovi settori, o producono le così chiamate “innovazioni dirompenti”.
 
(…) L’innovatore si distingue per temperamento, personalità e atteggiamento. E’ perennemente insoddisfatto dei prodotti e degli standard correnti, degli interrogativi e delle risposte che vengono formulati nel suo tempo. Percorre insoliti sentieri e gode, o perlomeno, accetta, di essere diverso dal mucchio. Quando si profila un’anomalia (un accordo musicale inconsueto, un esito inatteso di un esperimento, un picco o una caduta nella vendita di merci in un territorio poco conosciuto), non si ritrae di fronte alla piega inattesa assunta dagli eventi: desidera, anzi, capirla; e capire se si tratta di un banale errore, di un irripetibile colpo di fortuna, o di una realtà importante, ma fino a quel momento sommersa. E’ robusto e coriaceo.
(Howard Gardner – Cinque chiavi per il futuro)

Henri Poincarè, matematico, fisico, astronomo, definiva la creatività come la capacità di unire elementi preesistenti in combinazioni nuove, che siano utili.
Per essere creativi dobbiamo avere molti elementi da unire, come con i mattoncini della Lego, possiamo così creare idee/prodotti nuovi sperimentando e costruendo nuove combinazioni.
E gli “elementi” si possono ottenere solo aprendosi a idee nuove, a contaminazioni, in ambienti che siano stimolanti, aperti e dove sia possibile sperimentare, tollerando l’errore.

Trattando di creatività e di innovazione (la creatività che ha uno scopo utile) sono molti gli spunti che dovrebbero interessare aziende, manager e imprenditori rimasti, in molti casi, ancorati alla vecchia idea del “genio creativo” o all’uomo del destino che produce l’idea giusta, ignorando quello che ormai ampie evidenze dimostrano essere i modi migliori per produrre vera innovazione in modo strutturato.
Ma questa è tutta un’altra storia.

Il business in questo momento è tutto concentrato su Industry 4.0, che mi piace definire come “antiquariato moderno”. Una rivoluzione nata già vecchia.
Ne parleremo nel corso dell’evento che abbiamo organizzato per il 2 dicembre con ospiti importanti, illustrando quella che secondo noi sarà la VERA rivoluzione delle rivoluzioni, ossia Industry 5.0. E come sempre tenteremo di andare al di là degli slogan.
 
(…) Soltanto una persona disposta a “tentare e ritentare” senza risparmio potrà realizzare conquiste innovative. E anche quando l’ambiente convalidi un suo risultato, è raro che l’innovatore si fermi a riposare sugli allori; s’incammina invece per un nuovo sentiero, pronto a rischiare qualche fallimento pur di avere l’opportunità di tracciare una nuova frontiera.
(Howard Gardner – Cinque chiavi per il futuro)
 
Dobbiamo incamminarci per nuovi sentieri e da qualche parte bisogna pur partire …
L’inizio è allora … incominciare a fare.

Design a better world!

Buona settimana
Massimo

 

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