BLOGBLOGBLOG

Opzioni strategiche.

By 15 Gennaio 2017 Marzo 29th, 2018 No Comments

Opzioni strategiche.Blog 0217Per quanto sia bella la strategia, dovresti ogni tanto guardare ai risultati.

Winston Churchill

Ha ancora senso oggi parlare di strategia?
Oppure il mondo liquido, interconnesso e globale di oggi richiede solo la capacità di adattarsi e di cogliere le opportunità da qualunque parte vengano?
E’ la strategia da relegare ai libri di storia o ai business case di successo di cui sono tanto ghiotti accademici e studiosi?
I mercati di oggi hanno forse decretato la fine della strategia?
Potrebbe essere che la continua focalizzazione sull’efficienza, e sul taglio dei costi abbia ridotto la preoccupazione di manager e imprenditori al solo risultato di breve termine?

Ci sono molte definizioni di strategia che si trovano nei dizionari, nelle enciclopedie e nei libri di management.
 
(…) La definizione più utile di strategia di business derivata dall’esperienza è abbastanza semplice:
La strategia è l’arte e la scienza di un’azione consapevole da parte dell’impresa per realizzare una particolare visione, un obiettivo generale o uno scopo più alto.
 
La strategia consiste nel creare differenze sostenibili e preziose per il vostro business nel mercato reale. La strategia, che utilizza la disciplina di formulare piani strategici ben articolati, è davvero tutta nell’azione e nei risultati, non in documenti dettagliati e presentazioni patinate.
(Mark Daniell)
 
Il concetto di strategia è di derivazione militare, da: comando dell’esercito; carica di stratego; arte militare, essa deriva da stratego (nell’antica Grecia, comandante militare) ed esprime nell’arte militare, la tecnica di individuare gli obiettivi generali e finali di una guerra o di un ampio settore di operazioni, di elaborare le grandi linee di azione, predisponendo i mezzi per conseguire la vittoria (o i risultati più favorevoli) con il minor sacrificio possibile.
Mezzi e linee di azione hanno a che fare con le risorse e piani (l’azione consapevole di cui sopra).
La strategia è applicata con la tattica: cioè la tecnica, i principî e le modalità d’impiego per raggiungere un determinato fine o risultato.
La strategia è il grande disegno, le tattiche sono i mezzi particolari messi in campo per realizzarlo.

Si può parlare di strategia solo avendo chiaro un obiettivo (o più obiettivi) da realizzare e di un piano di azione. Il piano di azione consisterà nella serie di mosse (tattiche) da compiere per realizzare l’obiettivo.

La strategia, quindi, ha a che fare con il reperimento e l’allocazione delle risorse (mezzi), con la definizione delle priorità e il conseguente allineamento delle funzioni aziendali. Inoltre, alcune opzioni strategiche saranno preferibili ad altre. E, infine, poiché per definizione le risorse sono scarse, le priorità vanno decise e una direzione va tracciata, una buona strategia implicherà la capacità di fare delle scelte.
Cioè la strategia ha tanto a che fare con la leadership, la comunicazione e l’implementazione quanto con la diagnosi e la progettazione di piani e azioni (Mark Daniell).
 
Definire o immaginare una strategia richiede arte e scienza, ovvero immaginazione (arte) di un futuro possibile, di uno stato diverso (migliore) dell’attuale e scienza, e cioè una capacità di analisi rigorosa, valutazione delle possibili opzioni e capacità di creare un piano, che basandosi sul principio causa-effetto, possa definire i passaggi necessari per realizzare gli obiettivi definiti.

Ci sarebbe ancora molto altro da dire, ma vorrei proseguire, fatte le premesse di cui sopra, in una direzione diversa.

Il mondo accademico e della consulenza hanno prodotto una quantità enorme di studi e case history di successo e di fallimento.
Analisi di dinamiche strategiche, tattiche, schemi di riferimento, modelli di possibili sviluppi, elenchi dettagliati costruiti per creare la strategia vincente, vengono prodotti a profusione e con una frequenza impressionante, eppure a guardare poi i risultati concreti, qualche dubbio emerge.
Se i segreti per una strategia vincente sono stati così ben codificati, perché sono cosi pochi i casi di successo?

Una prima ragione deriva dal fatto che molti di questi studi non sono scientifici, hanno, cioè, un valore esplicativo – spiegano il passato – ma non hanno valore predittivo, non prevedono il futuro. Sono belle storie, aiutano a capire, ma hanno un basso valore nel costruire quello che deve essere fatto.
Molti schemi e modelli nascono dall’analisi di casi di successo: ti dicono che se applichi quel modello avrai successo; ma il modello è proprio il prodotto dell’analisi di un caso di successo, quindi il ragionamento è circolare.
Inoltre, schemi e modelli, quando ben costruiti, sono dei frame, “telai” che vanno riempiti con delle idee. Creano una struttura che aiuta a pensare in modo disciplinato ma non forniscono indicazioni sull’applicazione pratica, specifica e concreta applicabile a quella particolare azienda o mercato.
Nessun modello o schema può creare quello che non c’è e cioè l’idea particolare che, è poi, quella cosa che fa la differenza nella realtà del business.
Non credo Steve Jobs abbia creato la fortuna di Apple seguendo lo schema di qualche professore o di qualche consulente…
Oppure che Jezz Bezos abbia applicato qualche modello per creare Amazon…
Ne segue che per concepire una strategia valida è necessario avere prima di tutto delle idee!
Inoltre, è importante decidere delle direzioni preferibili, combinando le necessità del business e i risultati economici con valori e aspirazioni di chi guida l’impresa, poiché se la strategia è fare delle scelte e definire delle priorità, alcune direzioni sono preferibili ad altre.

Una seconda ragione che rende impegnativa la definizione di una strategia, è il coraggio di abbandonare le soluzioni del passato, quello che qualcuno ha definito la “ricetta del successo”.
Ogni azienda dal suo inizio ha applicato una formula che ha funzionato e molte volte il problema sta proprio nell’incapacità di abbandonarla, e questo per due ragioni fondamentali: perché è l’idea del fondatore e per paura.
Creare una nuova ricetta è un processo mentalmente ed emotivamente faticoso, che richiede grande sforzo, energia e coraggio; meglio trincerarsi, quindi, dietro il conosciuto che provare a percorrere una strada nuova, perché come diceva Keynes: la più grande difficoltà nasce non tanto dal persuadere la gente ad accettare le nuove idee, ma dal persuaderli ad abbandonare le vecchie.

Molte aziende, prigioniere di un passato di successo, non riescono proprio a reinventarsi e così, continuano con la loro “ricetta del successo”, ignare del mondo che cambia, salvo poi scoprire un bel giorno che il loro fatturato o la loro quota di mercato sta scomparendo.
Sono rari i casi in cui il disastro avviene improvvisamente, in molti casi i segnali sono “deboli”: cominci a perdere un cliente qui, poi un altro là; il prodotto che doveva rilanciare l’azienda, non va; il fatturato comincia a scendere lentamente ma inesorabilmente; i profitti calano continuamente perché, per stare sul mercato, si devono abbassare i prezzi; dipendenti in posizioni importanti e delicate che abbandonano la nave; e così via.

Altre organizzazioni applicano la strategia del “facciamo tutto” che ha un’interessante caratteristica: non è una strategia, bensì incapacità di fare delle scelte; seguono così politiche commerciali e di sviluppo prodotto che sono inconsistenti, frammentarie e contrastanti.

Una derivazione curiosa del “facciamo tutto” è l’uso dei soliti slogan del tipo: “i clienti sono importanti, tutto per il cliente”.
Già e per chi il cliente non è importante?
Sono tiritere che nascondono una mancanza di visione e di volontà di agire in modi nuovi riproducendo comportamenti che si basano sul principio che “se diamo al cliente il prezzo e il servizio sicuramente continuerà a lavorare con noi”. Affermazioni, che pur essendo condivisibili, non rappresentano certo l’idea di una “grande strategia” particolarmente innovativa e che brilli per originalità. E soprattutto non danno nessuna garanzia per il futuro.

(…) Un terzo assunto è che strategia ed esecuzione siano inestricabilmente legate. Gli studenti ci chiedono spesso: “Cos’è più importante, la strategia o l’esecuzione?” Dopo una breve esitazione, di solito rispondiamo con un’altra domanda: “Cosa preferiresti avere: un’ottima strategia mal eseguita o una cattiva strategia eseguita alla perfezione?”
La risposta, ovviamente, è: nessuna delle due. Non c’è valore in una strategia eccellente ma intraducibile in pratica, né in un’ottima esecuzione che conduce nella direzione sbagliata.
Come ha detto una volta Bill Gates:
“Una cattiva strategia è destinata a fallire, per quanto valide siano le informazioni di cui dispone; e un’esecuzione carente intralcia una buona strategia. Se fai male un numero sufficiente di cose, la tua azienda fallirà.”
(David Yoffie, Michael Cusumano)

Infine, in molti casi è totalmente trascurata la dimensione temporale.
Molti imprenditori e manager dovrebbero cercare di interpretare i segnali deboli e chiedersi quanto tempo hanno a disposizione per cambiare l’esistente prima del disastro. Non facendolo, entrano, così, in una spirale perversa fatta di calo del fatturato/profitti che a sua volta genera una cronica mancanza di risorse che impedisce di allocarle in nuove direzioni.
E’ “cronaca di una morte annunciata…”
La dimensione “tempo” deve essere ponderata con grande attenzione sia negli effetti sia nell’impatto sull’allocazione delle risorse e nella definizione delle priorità.
 
Cos’è quindi la strategia?
 
Strategia vuol dire direzione: riflettere la visione generale e gli obiettivi, promuovendo chiarezza in termini di scopo, allineamento e ritmo organizzativo.
Strategia vuol dire scelte: aiuta a decidere dove e come competere, a stabilire a quali mercati accordare le priorità, su quali brand e prodotti focalizzarsi.
Strategia vuol dire differenziazione: identifica una fonte duratura di vantaggio competitivo e insegna come perseguirlo con decisione e profitto.
 
Tuttavia, le strategie sono in gran parte inadeguate ai mercati di oggi. Vengono sviluppate senza essere sufficientemente contestualizzate, partendo dall’interno e andando verso l’esterno piuttosto che viceversa. Promuovono l’evoluzione, non la rivoluzione, rifuggendo le decisioni più difficili. Perseguendo quanto già viene fatto anche se sempre meno in linea con il mercato. Sono prive della lungimiranza necessaria per avere una visione del futuro migliore di quella derivante dal giudizio convenzionale, e della flessibilità per adattarsi ai mercati in evoluzione. Vengono spesso sviluppate in luoghi lontani da chi si deve impegnare per attuarle. Rifuggono le scelte difficili in termini di pubblici, prodotti e priorità, scelte che spesso a nessuno piace fare e che difficilmente vanno a vantaggio di tutti. Dimenticano di porre al centro di tutto il vantaggio competitivo.
Di conseguenza, le strategie diventano delle mere esercitazioni scritte per giustificare i budget, che perdono valore non appena viene chiesto alle persone di smettere di fare ciò che hanno sempre fatto (senza volerlo) e finiscono per essere praticamente identiche a quella di qualsiasi altra azienda del settore. Mancano dell’incisività, della direzione e del focus di cui oggi ogni attività ha bisogno.
(Peter Fisk)

Scacchi…strategia.
Prima del Rinascimento, la regina poteva muoversi di un solo riquadro alla volta, ma quando crebbe la percezione degli orizzonti dell’umanità e del suo potenziale, le furono conferiti gli ampi poteri di spostamento che conserva ancora oggi.
Diamo alla strategia i suoi poteri di spostamento, perché è la regina del business…e un pezzo fondamentale del gioco.
E’ necessario decidere quale gioco si vuole e si può giocare e definire, tra le varie opzioni strategiche, qual è quella da perseguire e fare poi la prima mossa.
Dopotutto nel business come negli scacchi, tutto quello che conta è proprio una buona serie di mosse.
 
Design a better Strategy… Design a better world …

Buona settimana
Massimo

 

    Pubblichiamo un nuovo post ogni settimana, se desideri riceverlo iscriviti:

    Nome e cognome (richiesto)

    Professione

    Indirizzo email (richiesto)

    Condividi l'articolo

    Leave a Reply