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Quel ‘NO’ che aiuta…

By 16 Settembre 2019 Novembre 5th, 2019 No Comments

Qualche tempo fa uscì un libro di psicologia dal titolo ‘I no che aiutano a crescere’ di Asha Phillips, psicoterapeuta infantile: non dicendo di no al momento giusto rischiamo di sottrarre possibilità e risorse a noi stessi e ai nostri cari.
Un ottimo spunto per il pensiero strategico.

In certe situazioni, dire ‘NO’, può aiutare molto.
Voce fuori dal coro, propongo un approccio alternativo alla moda corrente di offrire soluzioni, ricette, che hanno la caratteristica di essere facili da vendere ma difficili da applicare.

Nel campo della Strategia (sempre quella con la ‘S’ maiuscola), dire di ‘No’ può essere un’ottima mossa.

E’ solamente dicendo ‘no’ che puoi concentrarti sulle cose veramente importanti, sosteneva Steve Jobs e lui di strategia ne sapeva parecchio. 

Dire di ‘NO’ a tutta una serie di attività inutili e distraenti focalizza l’attenzione e risorse sulle cose veramente importanti, naturalmente una volta che sia chiaro quali siano queste ultime spesso confuse, nonostante i suggerimenti di Stephen Covey, con le cose urgenti, evitando, come succede a molti manager,  di annegare letteralmente nelle cose urgenti…

Gestire e occuparsi  delle ‘urgenze’ è più facile e assorbe tempo. 
Il più delle volte, le situazioni urgenti sono ‘algoritmiche’ (algoritmo: schema o procedimento sistematico di calcolo; metodo sistematico valido per la soluzione di una certa classe di problemi), hanno, cioè, bisogno solo di un lavoro quantitativo e non qualitativo. 
Sono ‘appaganti’, richiedono uno sforzo cognitivo minore proprio perché essendo nella categoria ‘cose urgenti’, di solito, sono ben conosciute, magari hanno ottenuto quello status speciale per ritardo o trascuratezza o perché fastidiose ma, raramente, perché difficili o complesse. Per le parti più onerose abbiamo la ‘procrastinazione’ (l’atto e il fatto di rimandare qualcosa, differimento, dilazione, indugio, temporeggiamento, tergiversazione) sulla quale, magari, tornerò in futuro.
E come recita la saggezza pratica, quando tutto è urgente nulla più è urgente e così la giornata si riempie e ci sentiamo felici di aver dato il nostro concreto (apparente) contributo.
Urgente con un salto quantico diventa così sinonimo di importante.

‘No’ all’aggiungere, un invito al togliere, come in Antoine De Saint-Exupery: 
la perfezione può dirsi raggiunta non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da togliere
Il valore e l’eleganza della semplicità contrapposte alla complicazione, alla sciatteria e al cattivo gusto. 
Così certe soluzioni e certe strategie sono ‘eleganti’ perché semplici, prive di elementi non necessari, si potrebbe dire ‘essenziali’. Eleganza che stride con il frequente rumore di fondo che caratterizza la nostra epoca e il continuo bla-bla che complica quello che dovrebbe essere reso semplice.
I giapponesi la chiamano KANSO, parola scritta con due ideogrammi che significano ‘semplicità’ (kan) e ‘sobrietà disadorna’ (so).
La forza disarmante di certe idee e concetti che stupiscono per la loro profondità e proprio la loro… semplicità: il ‘LESS IS MORE’ di un famoso designer. 

E’ curioso come sia facile definire il ‘complicato’ ma come sia difficile definire il ‘semplice’.
NO quindi all’inutile, al superfluo, al complicato. 

E’ molto facile, anche nelle organizzazioni, complicare. 
E’ molto difficile rendere le cose semplici, eppure la semplicità ha un valore economico molto importante.

Dire NO ha una valenza strategica. 
E’ un tema che affronteremo con Bob Emiliani nel nuovo workshop che proponiamo, progettato per manager e imprenditori, a ottobre: RE-THINKING STRATEGY.

Una buona strategia si caratterizza, come ho già scritto, per un senso di direzione e non può funzionare se l’idea sottostante è ‘noi facciamo tutto’, perché fare tutto non è una scelta e la strategia è definire anche e soprattutto a cosa dire ‘no’, cioè consiste nel fare delle scelte. 
Non possiamo scegliere di non scegliere…
Organizzazioni incapaci di focalizzarsi – non sanno a cosa dire ‘no’ – disperdono risorse ed energie nella ricerca di un ‘tutto’ sfuggevole e aleatorio, generando una pressione sulla struttura insopportabile e che alla fine non produce risultati.

Quante persone all’interno di un’organizzazione sono al corrente degli obiettivi strategici o della strategia dell’azienda? 
Se non c’è una direzione, oppure se è confusa o se i messaggi e i comportamenti sono contraddittori, come possono gli sforzi sommarsi e produrre risultati significativi?   
In questo caso il ‘NO’ dovrebbe essere rivolto all’incapacità di fare scelte, a messaggi e comportamenti non chiari e alla mancanza di comunicazione.   

Il ‘NO’ ha anche una valenza etica.
Ho letto con un sorriso di quei 180 CEO americani che hanno firmato un manifesto per un nuovo capitalismo: 
Per oltre 600 anni, il capitalismo ha regnato supremo. Le società dovevano generare il maggior profitto per i loro azionisti. I dipendenti, i venditori e le comunità in cui operavano erano di minore preoccupazione. Tutto ciò che contava era la linea di fondo e quanto gli azionisti guadagnavano sui loro investimenti. La ricerca dei profitti prevalse su tutto il resto.
La Business Roundtable ha raccomandato alle aziende di cambiare il modo in cui operano e di concentrarsi sui propri dipendenti, sui luoghi in cui conducono gli affari e sui loro fornitori per garantire che tutti siano trattati in modo equo. Questo verrà prima delle esigenze e dei desideri degli azionisti.
I ceo affermano che gli americani meritano un’economia che consenta a ciascuna persona di avere successo attraverso il duro lavoro e la creatività e di condurre una vita dignitosa. Credono che il sistema del libero mercato sia il mezzo migliore per generare buoni posti di lavoro, un’economia forte e sostenibile, innovazione, un ambiente sano e opportunità economiche per tutti.

(Forbes – 21 agosto 2019 – Svolta negli Usa: oltre 180 ceo firmano il manifesto per un nuovo capitalismo)
Un sorriso…di soddisfazione, perché molte cose che quei CEO hanno firmato fanno parte di un modo di pensare le imprese che chi scrive, propone da anni; forse finalmente il tempo è maturo per un cambiamento. 
Nella strategia e più in generale nel modo di fare business, infatti, vi sono valori troppe volte trascurati o dimenticati. E quindi un forte ‘NO’ a quei comportamenti consentiti dal punto di vista legale ma discutibili dal punto di vista morale.
E infine anche un no ai troppi ‘YES MAN’ che si nascondono dietro la ragione economica pronti a qualunque compromesso per il proprio tornaconto personale.

La morale? 
A volte dire ‘NO’ è la cosa giusta ed è vero che certi ‘NO’ aiutano a crescere: come aziende, ma anche e sopratutto come persone, come leader, come collaboratori, per arrivare a un livello di maturità come quello che dovrebbe avere un buon genitore che avendo a cuore i propri figli, sa quando un ‘NO’ è la cosa giusta da dire o come un buon medico che, preoccupato per la salute di un paziente, riconosce quando un ‘NO’ a comportamenti distruttivi è nell’interesse del paziente stesso. O come un ‘NO’ di un buon allenatore quando comprende che nell’interesse della squadra e dei giocatori, certi comportamenti negligenti vanno evitati. Un ‘NO’ di chi si trova costretto a un compromesso insostenibile con la propria coscienza e la correttezza che dovrebbe sempre permeare azioni e comportamenti anche nel mondo degli affari.

Insomma impariamo a dire qualche ‘NO’ quando serve, sopportandone le conseguenze e prendendocene la  responsabilità, con coraggio e la serenità di sapere che quel ‘NO’ era la cosa giusta da dire. 
Le due parole più brevi e più antiche, sì e no, sono quelle che richiedono maggior riflessione, saggezza antica ma molto attuale, pensiamoci, certi ‘NO’ aiutano a crescere.

Massimo
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