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Tempietti e vecchi merletti: dalla tranquilla sicurezza dei “pillar” alla difficile semplicita’ dei cerchi, ovvero e’ meglio essere creativi o praticare l’archeologia?

By 12 Aprile 2015 Marzo 29th, 2018 4 Comments

Tempietti e vecchi merletti: dalla tranquilla sicurezza dei “pillar” alla difficile semplicità dei cerchi, ovvero è meglio essere creativi o praticare l’archeologia?Blog 1515 01Le verità della religione non sono mai capite così bene come da quelli che hanno perso la capacità di ragionare. (Voltaire)

Questa è la mia semplice religione. Non c’è bisogno di templi; non c’è bisogno di filosofie complicate. La nostra stessa mente, il nostro stesso cuore è il nostro tempio; la filosofia è la gentilezza.(Dalai Lama)

Amo molto l’archeologia e le sue scoperte. E’ una finestra sul nostro passato e sulla storia dell’uomo, ma qui voglio utilizzarla come metafora provocatoria per stigmatizzare un certo modo di pensare che guarda al passato. E’ una necessaria precisazione per non urtare la sensibilità di qualche archeologo o appassionato, quindi scusatemi per quello che andrò a dire tra breve.

E’ ormai prassi comune rappresentare i principi su cui si basano le attività di miglioramento utilizzando il tempietto, con un numero variabile di colonne. Vari sistemi di miglioramento aziendale prendono spunto dall’ormai famoso TPS = Toyota Production System e con una semplice sostituzione del nome del famoso produttore di auto, “Toyota”, con il nome dell’azienda in questione, ecco bello, pronto e confezionato un nuovo sistema che organizza processi e attività tra di loro. Nel tempo è stato costruito il tempietto TPM (Total Productive Maintenance) che credo abbia 8 colonne, seguito poi dal WCM (World Class Manufacturing) che ne ha ben 10. Mi sono permesso, ironicamente, di creare il GCM (Galaxy Class Manufacturing) con …, vediamo, 16 colonne (se sono poche possiamo sempre aggiungerne qualcuna)? Con un guizzo d’ingegno, vorrei far seguire l’UCM (Universe Class Manufacturing) con un numero di pillar tendente all’infinito (perché limitarsi?). Sono certo di trovare qualche consulente disposto a seguirmi. A parte la traballante stabilità di questi tempietti sempre mostrati in due dimensioni e che ricordano molto i disegni fatti dai bambini molto piccoli che non hanno ancora il senso della prospettiva (scusate bimbi!), sembra veramente di essere in gita alla valle dei templi di Agrigento. Potremmo citare qui il Partenone: a differenza dei classici templi che presentano sei colonne sulla facciata e 13 sul lato lungo, il Partenone è ottastilo, ha cioè 8 colonne sul lato corto e 17 su quello lungo (Wikipedia), che se non sbaglio, fanno ben 50 colonne, oppure il tempio di Luxor, o ancora il colonnato del Bernini in San Pietro. La valle dei templi, il Partenone, Luxor e il colonnato di San Pietro hanno almeno due caratteristiche comuni: sono tridimensionali (stabilità) e sono sopravvissuti al passare dei secoli.

Capisco che il tempio con le sue colonne è rassicurante, dà un senso di tranquillità e di serenità per la sua riproducibilità, fornisce uno schema preciso e ti guida con precisione da una colonna all’altra. Naturalmente la logica conclusione è che se costruisci tutte le colonne, avrai creato una struttura che ti porterà a essere un’azienda eccellente. Nulla nelle colonne e nel tempio è minaccioso per il management, o per la gerarchia aziendale. Come nell’antico Egitto i tempi erano eretti dagli schiavi, anche questi, apparentemente moderni, tempietti saranno costruiti da chi poi deve fare il lavoro vero. E quindi meglio il tempietto ad altri schemi meno rassicuranti e nel dubbio possiamo sempre aggiungere o una colonna o una trave, tanto per essere tranquilli che così stia in piedi meglio.

Amo i templi, soprattutto quelli antichi, ma quando sono però in modalità “turista” oppure se fossi un “archeologo”, non andrei mai ad abitarci: sono un po’ decadenti, mancano dei comfort necessari, sono pieni di spifferi e anche francamente un po’ diroccati. Se mai dovessi immaginare una struttura, cercherei qualcosa di molto più moderno e confortevole.

Battute a parte, il simbolismo dei tempietti è un modello concettuale: cioè la struttura delle convinzioni che una persona ha rispetto al modo in cui funziona una certa cosa (Donald A. Norman). A te, caro lettore, definire il modello concettuale che sta dietro al tempietto.

Cosa penserebbero i “padri fondatori” del miglioramento continuo rappresentato dai tempietti e cristallizzato nell’acquisizione di tutta una serie di tool?

Il padre di Kiichiro Toyoda fondatore di Toyota, Sakichi Toyoda, era un inventore, considerato l’Edison giapponese, nella sua vita aveva sviluppato più di 85 brevetti, abituato a sviluppare idee e a trasferirsi in officina (il suo studio era contiguo al reparto) per metterle in pratica e sperimentare quello che aveva pensato. Taiichi Ohno, direttore di stabilimento in Toyota, ha innovato in modo radicale il sistema di produzione di Toyota seguendo percorsi assolutamente nuovi; ha potuto proseguire nell’applicazione delle sue idee perché supportato dall’alta direzione, altrimenti la resistenza del sistema avrebbe stroncato i nuovi metodi da lui proposti. Shigeo Shingo, altro famoso giapponese attivo nell’ambito del miglioramento dei processi, aveva studiato profondamente i sistemi di analisi del lavoro sviluppati dagli americani. E che dire infine di Edward Deming con il suo ciclo PDSA (Plan, Do, Study, Act) che così tanto ha influenzato l’industria giapponese?

L’edizione giapponese del libro di Taiichi Ohno è stata pubblicata nel 1978, ormai 37 anni fa, pensiamo che se Ohno fosse vivo oggi non continuerebbe a migliorare il suo sistema e a farlo evolvere?
Due frasi di Sakichi Toyoda, recepite da Toyota come principi guida, colpiscono per la loro attualità e valore:

  • Sempre essere studiosi e creativi cercando di stare al passo con i tempi

(Always be studious and creative, striving to stay ahead of the times)

  • Sempre essere pratici ed evitare la frivolezza

(Always be practical and avoid frivolousness)

Che cosa avrebbe detto il buon Sakichi a proposito delle 8-10 colonne, dei tempietti e degli acronimi? 

Se proprio dovessi utilizzare un simbolo per esprimere, in modo iconico, i principi in cui credo, utilizzerei il TAIJITU:

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Il Taijitu è un famoso simbolo della cultura cinese e in particolare della religione taoista e filosofia confuciana. Rappresenta il concetto di yin e yang e l’unione dei due principi in opposizione. Il termine stesso Taijitu, si riferisce a tutti gli schemi e i diagrammi che rappresentano questi due principi. A differenza di come è percepito dal punto di vista occidentale ed in accordo col significato di Taiji, ovvero “trave maestra”, grande importanza è data al centro del simbolo, che solitamente non è evidenziato, e cioè nel punto in cui gli opposti si uniscono. (Wikipedia)

Le due parti, YIN e YANG sono l’efficienza e l’innovazione e il punto al centro nel quale si uniscono, è la persona, cioè la persona al centro del sistema azienda. Il simbolo cinese degli opposti raffigura il cambiamento continuo e vengono rappresentati iscritti in un cerchio che rappresenta l’armonia. Cambiamento continuo, quindi, ma in modo armonico, ricercando sia efficienza che innovazione con e per le persone. E’ quindi un principio che riguarda tutta l’azienda, in tutte le funzioni. Non ha la tranquilla, apparente sicurezza dei “pillar”, ma ha la difficile semplicità del cerchio.

In sintesi, sostengo che il miglioramento continuo debba applicarsi anche al principio del miglioramento continuo, cioè a se stesso, non può essere cristallizzato in una serie di tool o tempietti, ma è un concetto evolutivo, che cambia e s’innova incessantemente. Questo era lo spirito originario dei grandi personaggi che lo hanno praticato fin dall’inizio e non può essere cristallizzato in strutture che hanno solo la tranquilla rigidità del ben conosciuto. Ecco perché molte aziende falliscono o non riescono pienamente a ottenere tutti i benefici che un approccio profondo al cambiamento e all’innovazione possono procurare. Cercano soluzioni, risposte preconfezionate, rassicuranti nella loro fuorviante schematizzazione. Il miglioramento così visto diventa in sé una teologia, un credo, sclerotizzando l’organizzazione nella quale è implementato.

Caro lettore, e tu cosa a cosa t’ispiri? All’archeologia o all’innovazione? Vuoi essere un teologo o un innovatore?

Buona settimana
Massimo

 

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