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I teologi bizantini, il sesso degli angeli e Industry 4.0.

By 2 Aprile 2018 No Comments

I teologi bizantini, il sesso degli angeli e Industry 4.0.img062Niente è così difficile come non ingannare sé stessi.
Ludwing Wittgenstein

 

Prendo atto, con piacere, dell’alto numero di visualizzazioni del post Industry 4.0 e la domanda di Woody Allen del 18 marzo 2018, ultimo di una serie sul tema, molto popolare di questi tempi, di Industry 4.0.
Avevo espresso chiaramente il senso di noia che provo ogni qualvolta l’argomento va sul super-ammortamento e Industry 4.0, ma un po’ come Sir Arthur Conan Doyle che, nel tentativo di sbarazzarsi del personaggio ingombrante di Sherlock Holmes, l’aveva fatto perire tra i gorghi di una cascata per poi resuscitarlo a fronte della protesta di tanti lettori ansiosi di leggere altre avventure del famoso investigatore, anch’io, molto più modestamente, ritorno sul tema.

Molto di quello che si legge su Industry 4.0 assomiglia ai dibattiti dei teologi bizantini sul sesso degli angeli.

Discutere del sesso degli angeli è un modo di dire della lingua italiana ed equivale a discutere di cose inutili, perdendo del tempo che sarebbe meglio utilizzare per cose più utili.
Le origini sono incerte, ma si pensa che risalga al periodo bizantino, quando i teologi bizantini erano soliti dibattere tra di loro sul sesso degli angeli, anche quando i Turchi di Maometto II stavano per espugnare Costantinopoli, nel 1453, e porre fine all’Impero Romano d’Oriente. Equivale a dire di dare importanza a questioni marginali o irrilevanti ignorando questioni ben più serie.
(Wikipedia)

Sostenevo e sostengo che il problema delle imprese non è tecnologico ma culturale.

In un altro post scrivevo:
Non sono sicuro che il termine “rivoluzione” si adatti a descrivere quello che sta avvenendo, poiché molte nuove tecnologie sono nel segno della continuità rispetto all’evoluzione del settore dei computer e dei sistemi intelligenti.
Quello che è certo è che la parola “rivoluzione” trasmette un senso di urgenza e di pressione a occuparsene.
E molti diventano ansiosi al pensiero di non essere aggiornati con gli ultimi gadget…
Il problema però è un altro.
Molte aziende non hanno ancora attraversato la terza rivoluzione industriale.
Lo stato di molte imprese italiane purtroppo è molto arretrato.
(INDUSTRY 5.0 e oltre…, post del 9 ottobre 2016)

Siamo, cioè, molto arretrati dal punto di vista culturale, organizzativo e manageriale. Probabilmente non è un problema solo italiano, ma certamente affligge molte nostre aziende. Non fa audience segnalarlo e anzi infastidisce molti imprenditori e molti manager, che preferiscono l’illusione del “robottino” alla dura realtà di un sistema di management che oramai fa acqua da tutte le parti.

Esistono dei miti e delle leggende che è bene non mettere in discussione perché vanno contro il senso comune (posto che esista!).
A insistere troppo si rischia di essere messi al bando come scomodi e intrattabili.

Non mi risulta che qualcuno, tra i cosiddetti esperti, osi ammettere che abbiamo un problema culturale e una modalità di approcciare il business che è antica, anche perché se osassero dirlo incorrerebbero nelle ire funeste del pelide Achille e rischierebbero di perdere grandi opportunità di business.

I segnali di una dilagante antichità e di approcci semplicistici o semplicemente disfunzionali sono tantissimi: dall’ostinazione alla ricerca e sviluppo dei talenti (frase fatta e abusata ma molto di moda), alla formazione “mordi e fuggi”; al trasferimento di produzioni nei paesi dell’Est nella patetica ricerca di un’economicità perduta; all’insistere sulle performance rispolverando venerandi “saggi” che ri-raccontano cose di tanti anni fa; alla mitizzazione della tecnologia come “fonte salvifica” di un perduto vantaggio competitivo; all’ostinato perseguimento di approcci che non hanno nulla di nuovo essendo riedizioni, neanche rivedute e corrette, di tecniche e concetti che hanno oramai decenni, nati e sviluppati in contesti completamente diversi dagli attuali.

E’ il piccolo cabotaggio: il prevalere della “piccola visione” e del futuro a breve, brevissimo termine che cerca ricette e soluzioni facili e veloci, nell’illusione che un software gestionale possa sostituire un vuoto di idee, di innovazione e di miglioramento di processi che sono inefficienti, inadatti e obsoleti.

Consulenti e pseudo guru hanno creato template e schemi in ogni ambito del business.
Libri e manuali ti spiegano come performare, come essere efficienti, come sviluppare prodotti innovativi, sulla strategia, sulle vendite, sulla leadership, sulle risorse umane, sullo sviluppo di abilità quasi magiche, praticamente su tutto.
Per ogni aspetto del business esiste uno schema, una struttura, un approccio.
Peccato che non producano nulla di veramente nuovo perché contengono un difetto fondamentale: non possono sostituire il vuoto di idee e di immaginazione che non è incasellabile come questi bravi venditori di aria fritta vogliono far credere.

Le formule e gli schemi piacciono, attraggono, sono facilmente eseguibili (come le ‘app’ del telefono), non mettono troppo in discussione lo status quo e possono essere diffusi facilmente e sono anche promossi da abili campagne di marketing che spiegano come questa o quella azienda applicando quello schema abbia ottenuto risultati da urlo.
Sono diventanti così dei rituali di una nuova religione con i suoi sacerdoti e i suoi miti fondanti, sollevando così molti da un compito gravoso, pesante e difficile: quello di pensare e di fare.
E così anche Industry 4.0 è un nuovo mito, la fonte dell’eterna giovinezza, l’elisir dell’immortalità, la pietra filosofale che trasforma ogni azienda in un emulo dell’azienda tedesca che produce auto di alta gamma, dai costi elevatissimi, in stabilimenti super-automatizzati con tanto di droni e software di modellazione.
Quindi, va il pensiero volgare, se anch’io mi doto degli stessi strumenti avrò successo. Dimenticandosi, con un ulteriore errore di pensiero, che la tecnologia viene dopo e non prima.

Ho ascoltato recentemente un discorso fatto da un presunto guru a una conferenza e devo ammettere che pur essendo dotato di intelligenza media, non ci ho capito molto.
Slogan, frasi fatte, parole in inglese (perché fa molto americano e quindi molto guru) dal significato oscuro, per non dire assolutamente nulla a un pubblico numeroso in ascolto come i ferventi credenti a una messa.
Mah…!

Visti in prospettiva tutti questi discorsi, ricette, schemi, format, appaiono come fumo pronto a sparire alla prima folata di vento e a nuovi discorsi, ricette e schemi.

Matthew Stewart, in un libro il cui titolo è tutto un programma – Twilight Manager Il crepuscolo del management – scrive:
Ma la concezione moderna del management è abbastanza giusta da essere pericolosamente sbagliata, ed è indiscutibile che ci abbia gravemente fuorviato. Ci ha spinto erroneamente a cercare risposte scientifiche a domande non scientifiche. Propone presunte soluzioni tecniche a quelle che, in fondo, sono problemi etici e politici. Crea un’illusione (facilmente manipolabile) sulla natura e sul valore della capacità manageriale. Ci induce a dedicare anni di studio a una materia che non esiste.
(…) E soprattutto contribuisce a creare un malinteso sulle fonti della nostra prosperità, spingendoci a trascurare l’infrastruttura sociale, morale e politica da cui dipende il nostro benessere.

Dobbiamo ritornare al centro, riportare l’attenzione sull’azienda, sulle persone e sulla leadership.

Per riportare il tutto al greco, potremmo dire che il management si fonda su una technè (ovvero ‘abilità’ o ‘arte’, origine della parola “tecnologia”), sia su un ethos (ovvero ‘modello di comportamento’ o ‘carattere’, nella misura in cui esso esprime i legami con gli altri individui all’interno di un gruppo o di una società). Mentre la technè si pone in generale l’obiettivo dell’efficienza, l’ethos mira principalmente a costruire la fiducia, che è l’infrastruttura all’interno della quale le meraviglie della tecnologia generano i loro aumenti di produttività. Dove manca la fiducia raramente è possibile l’efficienza; allo stesso modo, l’inefficienza erode la fiducia.
(Matthew Stewart – Twilight manager)

Dovremmo tornare a parlare di fiducia, valori, comportamenti, se guardiamo all’interno, e di innovazione e efficienza se guardiamo all’esterno, dopo e solo dopo di tecnologia. Invece parliamo solo di quest’ultima dimenticando tutto il resto.

Quei teologi che parlavano del sesso degli angeli si sono trovati in casa i Turchi e Costantinopoli è stata conquistata.
Parlare di Industry 4.0 è come dibattere del sesso degli angeli…
Attenti a non essere conquistati allora!

Design a better world
Buona settimana
Massimo

 

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