BLOGBLOGBLOG

The Reality Gap.

By 21 Maggio 2017 Marzo 29th, 2018 4 Comments

The Reality Gap.Blog1917 01

Forse la realtà sta da un’altra parte.
Pino Caruso
 
I “bla bla”, o “blah-blahismi “si moltiplicano in modo esponenziale.

Cos’è un “bla-bla”?
Ecco una definizione sintetica fornita dalla Treccani:
Bla bla: Espressione onomatopeica, di uso internazionale, per indicare un discorso o un chiacchiericcio vano, futile, senza costrutto.
Che finisca con “h” (blah-blah) oppure senza, il significato ha a che fare con le stupidaggini o le affermazioni vuote.
Ci stiamo riempiendo di bla-bla, dalla televisione, ai “social”, ai politici, ad aspiranti (o presunti tali) guru, a famosi imprenditori, è tutto un fiorire di stupidaggini.
Affermazione forte che esprime un giudizio.
Sono davvero stupidaggini?
Possiamo fare dei test per verificare la verità dei bla-bla.

Frasi fatte, teorie strampalate, luoghi comuni, citazioni di personaggi famosi, slogan e tant’altro, popolano i media.
Sembra ci sia un’esplosione di saggezza e di conoscenza.
Tutti hanno qualche consiglio utile e miracoloso da condividere.
Vengono impartite lezioni di vita, di management, sul raggiungimento della felicità, sulla motivazione, sull’autorealizzazione, su come ottenere performance di eccellenza, sul successo, insomma su tutto… Basta dare un’occhiata a qualunque social.
L’era della comunicazione a qualunque costo ha aperto l’era dello sproloquio.

Mi sono molto divertito con la storia degli imbecilli del web. Per chi non l’ha seguita, è apparso on line e su alcuni giornali che nel corso di una cosiddetta “lectio magistralis” a Torino avrei detto che il web è pieno di imbecilli. È falso. La “lectio” era su tutt’altro argomento, ma questo ci dice come tra giornali e web le notizie circolino e si deformino.
 
La faccenda degli imbecilli è venuta fuori in una conferenza stampa successiva nel corso della quale, rispondendo a non so più quale domanda, avevo fatto un’osservazione di puro buon senso. Ammettendo che su sette miliardi di abitanti del pianeta ci sia una dose inevitabile di imbecilli, moltissimi di costoro una volta comunicavano le loro farneticazioni agli intimi o agli amici del bar – e così le loro opinioni rimanevano limitate a una cerchia ristretta. Ora una consistente quantità di queste persone ha la possibilità di esprimere le proprie opinioni sui social networks. Pertanto queste opinioni raggiungono udienze altissime, e si confondono con tante altre espresse da persone ragionevoli.
 
Si noti che nella mia nozione di imbecille non c’erano connotazioni razzistiche. Nessuno è imbecille di professione (tranne eccezioni) ma una persona che è un ottimo droghiere, un ottimo chirurgo, un ottimo impiegato di banca può, su argomenti su cui non è competente, o su cui non ha ragionato abbastanza, dire delle stupidaggini. Anche perché le reazioni sul web sono fatte a caldo, senza che si abbia avuto il tempo di riflettere.
 
È giusto che la rete permetta di esprimersi anche a chi non dice cose sensate, però l’eccesso di sciocchezze intasa le linee. E alcune scomposte reazioni che ho poi visto in rete confermano la mia ragionevolissima tesi. Addirittura, qualcuno aveva riportato che secondo me in rete hanno la stessa evidenza le opinioni di uno sciocco e quelle di un premio Nobel, e subito si è diffusa viralmente una inutile discussione sul fatto che io avessi preso o no il premio Nobel. Senza che nessuno andasse a consultare Wikipedia. Questo per dire come si è inclini a parlare a vanvera.
 
Un utente normale della rete dovrebbe essere in grado di distinguere idee sconnesse da idee ben articolate, ma non è sempre detto, e qui sorge il problema del filtraggio, che non riguarda solo le opinioni espresse nei vari blog o twitter, ma è questione drammaticamente urgente per tutti i siti web, dove (e vorrei vedere chi ora protesta negandolo) si possono trovare sia cose attendibili e utilissime, sia vaneggiamenti di ogni genere, denunce di complotti inesistenti, negazionismi, razzismi, o anche solo notizie culturalmente false, imprecise, abborracciate.
 
Come filtrare? Ciascuno di noi è capace di filtrare quando consulta siti che riguardano temi di sua competenza, ma io per esempio proverei imbarazzo a stabilire se un sito sulla teoria delle stringhe mi dica cose corrette o meno. Nemmeno la scuola può educare al filtraggio perché anche gli insegnanti si trovano nelle mie stesse condizioni, e un professore di greco può trovarsi indifeso di fronte a un sito che parla di teoria delle catastrofi, o anche solo della guerra dei trent’anni.
(Umberto Eco – La bustina di Minerva- Un appello alla stampa responsabile – L’Espresso 26 giugno 2015).
Sono debitore a un amico-cliente per la segnalazione di questo pezzo di Umberto Eco che non conoscevo. Grazie!

Già come filtrare?
Umberto Eco terminava la sua “bustina” sostenendo che i giornali dovrebbero invece dedicare almeno due pagine ogni giorno all’analisi di siti web (così come si fanno recensioni di libri o di film) indicando quelli virtuosi e segnalando quelli che veicolano bufale o imprecisioni.
Non credo succederà mai…

Abbiamo la possibilità però di verificare alcune delle tante affermazioni che si sentono, semplicemente osservando, con spirito critico, quello che succede e cioè la realtà (ciò che esiste effettivamente, di solito in contrasto a ciò che è illusorio, immaginario o fittizio).

Emerge con evidenza un “reality gap”: una differenza (gap) tra quello che i “bla-bla” raccontano (e così i vari esperti, tuttologi, consulenti, e compagnia bella) e quello che succede realmente, nella vita di tutti i giorni.

Il rapporto tra i “bla-bla” e la realtà, secondo alcune dimensioni qualitative quali il successo, la motivazione, la felicità, l’autorealizzazione, ecc., è inversamente proporzionale.
Più i bla-bla aumentano, più gli aspetti qualitativi e sostanziali (quelli definiti più sopra), diminuiscono.
Più il numero di ricette e consigli per ottenere la felicità aumenta, più il livello reale di persone felici e motivate, “auto-realizzate”, diminuisce.

Possiamo assistere così a fenomeni davvero curiosi anche nell’ambito del business.
All’aumentare del “bla-bla”, su come motivare le persone, i talenti, la valutazione delle performance (tanto care agli amici delle Human Resource), ecc., corrisponde invece una diminuzione nei livelli di impegno e motivazione.
Più aumenta la partecipazione a convegni sulla performance tenuti dai soliti “guru” e all’interesse di questi argomenti suscitato in manager e imprenditori, più il livello effettivo di performance nelle organizzazioni diminuisce.
Più si parla di innovazione, più i livelli di innovazione nelle aziende scendono.
Più aumentano le “gite delle pentole” (le carovane di manager e imprenditori in visita presso aziende all’avanguardia) con l’obiettivo di capire-carpire i segreti delle organizzazioni migliori, più aumenta il numero di aziende impantanate in logiche vecchie (processi difettosi, schemi organizzativi anacronistici, ecc.).
Più aumenta il numero di esperti nell’oramai famoso “passaggio generazionale” più aumenta il numero di aziende bloccate nei pasticci della successione.
Più aumentano i “coach” (altro filone di moda di questi tempi) a supporto di manager, più le motivazioni e la qualità della comunicazione e delle relazioni diminuiscono.
Più aumenta il bla-bla su management, leadership, eccellenza, performance, competitività, innovazione, creatività, motivazione, comunicazione, più tutti questi fattori diminuiscono.

Perché?
Che cosa sta succedendo?
E che lezioni ne possiamo trarne?

Le risposte alle domande di cui sopra richiederebbero una lunghezza ben diversa da quella possibile in un post, per cui proverò solo a fornire qualche spunto, anche perché non avendo certamente delle verità da proporre, vorrei solo condividere alcune riflessioni sull’argomento.

Abbiamo dimenticato o trascurato, l’antica arte di pensare (vedi Umani… Solamente e semplicemente umani. Post del 22 gennaio 2017).
L’uomo è visibilmente nato per pensare; qui sta tutta la sua dignità e tutto il suo valore; e tutto il suo dovere sta nel pensare rettamente. (B.Pascal)
Il ricorrere al pensiero critico e alla capacità di riflettere: il pensiero critico è un tipo di pensiero caratterizzato dai processi mentali di discernimento, analisi, e valutazione. Comprende processi di riflessione su aree tangibili ed intangibili con l’intento di formare un giudizio solido che riconcilia l’evidenza empirica con il senso comune.
Il pensiero critico trae informazioni dall’osservazione, l’esperienza, il ragionamento o la comunicazione. Il pensiero critico si fonda sul tentativo di andare al di là della parzialità del singolo soggetto: i suoi valori fondamentali sono la chiarezza, l’accuratezza, la precisione e l’evidenza (Wikipedia).
Recuperare le nostre capacità di pensare criticamente, mettendo in discussione assunzioni e categorizzazioni, è uno degli antidoti al “bla-bla”.

Molti dei “bla-bla” non hanno nessun carattere scientifico.
L’uso dei case history (storie di aziende di successo spesso usate nel business come modelli da copiare), ad esempio, come ho scritto più volte, spiega il passato ma non predice il futuro e quindi in questo senso non è scientifico. Può forse essere stimolo, ispirazione, contribuire a creare una visione ma non contiene applicabilità, essendo questa legata alle condizioni specifiche di quella situazione particolare.

Ogni tempo ha una sua Zeitgeist (“spirito del tempo” in tedesco e cioè una tendenza culturale predominante in una determinata epoca), i nostri tempi sono caratterizzati da Internet, dai social, da concetti quali la visibilità, l’interconnessione e la velocità. Temi che plasmano il modo con cui ciascuno di noi guarda alla realtà.
Nel business, come nel fashion, ci sono le mode e le tendenze, che non sono seguite per processi di scelta razionali, ma perché tutti ne parlano, perché si vuole sembrare di essere aggiornati, perché convegni e associazioni di categoria le propongono e così via.
Quando una nuova tecnica o un nuovo modello (best pratice) arriva al pubblico e viene proposta ha, in quel momento, perso ogni caratteristica di innovazione e di originalità proprio perché tutti la conoscono. Quindi copiare le best practice è una contraddizione in termini, dovremmo invece guardare alle next practice, cioè a quello che viene dopo.
 
Molti dei “bla-bla” o frasi e citazioni che si leggono spesso su Internet e “condivisi” da manager e imprenditori sono anche “pensieri rivolti a se stessi”, cioè sono la rappresentazione di un tentativo che il manager o l’imprenditore fa di convincersi che è necessario applicare o seguire quanto la citazione o la frase suggerisce, scontrandosi poi con la capacità di riuscire a farlo in pratica.
Tradiscono anche una difficoltà reale, la sfida di creare una nuova leadership per questi tempi iper-veloci. Suggerisco di leggere quello che ho scritto sul tema in “In cerca del leader…” (post del 1 novembre 2015).
Blog 1917 02
I “bla-bla” hanno anche un’altra componente, sottile e non visibile: sono basati su assunzioni, modelli e schemi.
E potrebbe essere questi “paradigmi” siano o sbagliati, o superati, o inapplicabili?
Poiché ci siamo dentro, siamo come il proverbiale pesce di Wallace:
ci sono due pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: “Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?”
I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa “Che cavolo è l’acqua?”.
Il succo della storiella dei pesci è semplicemente che le realtà più ovvie, onnipresenti e importanti sono spesso le più difficili da capire e da discutere.

Infine, molti dei bla-bla non si traducono in nessuna azione concreta e questo non fa che aumentare il gap tra la teoria e la pratica.

Essere consapevoli del “reality gap” è il primo passo per provare qualcosa di diverso: qualsiasi cosa tu faccia potrebbe non fare alcuna differenza, ma è molto importante che tu la faccia (Gandhi).

Attenzione, allora, ai bla-bla… il loro effetto è sottile e strisciante.
Il rischio concreto è di finire in un mondo completamente sganciato dalla realtà che è quello che purtroppo sta accadendo.

Design a better world …

Buona settimana
Massimo

 

    Pubblichiamo un nuovo post ogni settimana, se desideri riceverlo iscriviti:

    Nome e cognome (richiesto)

    Professione

    Indirizzo email (richiesto)

    Condividi l'articolo