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Realisti con immaginazione.

By 6 Maggio 2020 No Comments

Quale approccio per la ripartenza dopo il lockdown?
Che cosa succederà?
Che cosa cambierà?

Esperti, economisti, psicologi, sociologi, tuttologi, riempiono pagine e pagine di previsioni, indicazioni, trend, percorsi, direzioni.
E’ uno sport che non mi appassiona particolarmente dal momento che l’unica certezza sulle previsioni è che per definizione sono sbagliate. 
Nessuno, al momento e ancora per un pò, è o sarà in grado di predire il futuro che sicuramente non sarà un’estensione lineare del passato tantomeno di quello recente influenzato in modo massivo dall’emergenza  coronavirus.
Se questo è vero cosa possiamo fare?
Potremmo usare due atteggiamenti mentali diversi e complementari, una sorta di yin e yang  per navigare nell’incertezza.

Il primo atteggiamento mentale è il ‘realismo’.
‘Realismo’ significa la corretta percezione delle caratteristiche di eventi o fatti o persone, senza le distorsioni prodotte da sentimenti come la speranza o la paura o l’amore o l’odio, o da una propensione a idealizzare o svilire, o da qualsivoglia altra cosa che interferisca con l’osservazione esatta (o con l’azione fondata su di essa) per effetto di una pressione emotiva di qualche tipo. (Isaiah Berlin)
Quindi nervi saldi e analizziamo la situazione per quella che è; ne ho scritto nel post: Ottimismo? Forse la parola è un’altra (20 marzo 2020), dove raccontavo dell’atteggiamento  ‘realista’ dell’ammiraglio Stockdale.
La differenza tra accademici, teorici, tuttologi e chi è ‘realista’ la si misura poi al lato pratico sui risultati concreti ottenuti, sui risultati delle azioni intraprese.
La capacità di giudizio, l’abilità, il senso del tempo, la comprensione immediata del rapporto tra mezzi e risultati dipendono da fattori empirici come l’esperienza, l’osservazione, e soprattutto quel ‘senso della realtà’ che consiste in buona parte di un’integrazione semiconsapevole di un gran numero di elementi apparentemente irrilevanti o impercettibili presenti nella situazione; elementi che presi insieme formano un qualche tipo di disegno che di per se ‘suggerisce’ (‘sollecita’) l’azione appropriata. Quest’azione è senza dubbio una forma di improvvisazione, ma fiorisce soltanto sul terreno di una ricca esperienza e di un’eccezionale sensibilità per ciò che è rilevante nella situazione – un dono senza il quale né gli artisti né gli scienziati sono in grado di ottenere risultati originali. (Isaiah Berlin)
Quest’eccezionale sensibilità si traduce così in una notevole competenza operativa ovvero nella capacità di far accadere le cose. 
In un momento come l’attuale, dove una crisi imprevista ha colpito è colpirà in modo pesante, il ‘realista’ non perde tempo a disperarsi ma cerca di agire all’interno della difficoltà trasformandola in opportunità. 
Alcuni esempi li ho chiarissimi davanti agli occhi: alcuni nostri clienti che hanno deciso di investire per lavorare sul miglioramento dei processi, cercare nuove opportunità di mercato o lavorare sulla ri-progettazione organizzativa, utilizzando la difficoltà della situazione come uno spazio nel quale investire tempo, sforzi e risorse, per rendere l’azienda ancora più efficiente e innovativa. 
Questi esempi virtuosi dimostrano che nonostante sia più facile trovare tante ragioni per stare in attesa, il ‘fare’ richiede un impegno attivo e un atteggiamento diverso, costruttivo e orientato al fare che si traduce in un investimento sulle proprie persone e sull’organizzazione.
E’ questa un’area dove il ‘realista’ sbaraglia l’accademico, il teorico, il ‘paralizzato’ o l’impaurito.
Come nello yin e nello yang, al ‘realismo’ si deve affiancare un’altra ‘abitudine’ mentale che mi piace descrivere così:
Può renderci migliori solo l’influenza che riceviamo da ciò che è migliore di noi.
Ciò che è migliore di noi non possiamo trovarlo nel futuro. Il futuro è vuoto, è la nostra immaginazione a riempirlo. (Simone Weil)
Se vogliamo riempire il futuro abbiamo bisogno di immaginare, di immaginare quello che non c’è, di immaginare cose nuove.
Il mondo del business è pieno di libri, conferenze, podcast, webinar, articoli, che in realtà dicono molto poco di nuovo, un eterno riciclo di idee vecchie magari rivestite da una patina di novità o, con un’abile operazione di marketing, di un nome attraente che maschera poi contenuti scontati. La parola ‘innovazione’ è diventata uno slogan che riscopre il vecchio e lo presenta come nuovo; tutti parlano di innovazione ma se ne vede ben poca. 
Il business è un mondo che ha perso (o forse non ha mai avuto) la capacità di immaginare e una della strade per uscire da questa difficile situazione è proprio immaginare: mercati, prodotti, servizi, organizzazioni, competenze, modelli di leadership.
L’immaginazione è più importante della conoscenza diceva Einstein, ridiamole il posto che le spetta, impariamo o re-impariamo a immaginare, a sognare, a pensare, a ideare, a creare.

Realismo e immaginazione riempiono il futuro; lo yin e lo yang, due parti che si muovono insieme in modo armonico per creare qualcosa che non c’è ancora.
Il realismo senza immaginazione correrebbe il rischio di essere efficientismo o pragmatismo ma vuoto di una spinta a creare, a costruire il nuovo.
L’immaginazione senza realismo sarebbe solo un sogno a occhi aperti.

Lo abbiamo sempre saputo, in realtà. I grandi leader della storia hanno coniugato queste due caratteristiche fondamentali per costruire futuri possibili: realismo e immaginazione.
La costruzione del tempo prossimo è quello su cui è necessario lavorare per riempire quel vuoto che è il futuro di contenuti di valore, pieni di significato.

Che cosa succederà? Che cosa cambierà? 
Tutto oppure niente, dipenderà da quanto saremo bravi a immaginare e quanto abili saremo nel realizzare quello che abbiamo immaginato. 
Da realista propongo di partire dall’oggi, con i suoi più e i suoi meno, e di immaginare qualcosa di nuovo, di migliore, di veramente originale, non è stimolante?

Design a better world
Buona settimana
Massimo

Foto Crediti
Fonte Wikipedia. 

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